Luigi De Benedittis: una storia piccola può fare grande la storia
Gino, così lo chiamavano nel quartiere, trascorreva lungo tempo nel treruote parcheggiato davanti a casa, con il suo cane Leone, intento nella lettura de Il Sole 24 Ore.
Quel treruote era il suo unico mezzo di trasporto. Gli era utile per lavorare in campagna: è stato per tutta la vita un infaticabile contadino.
Indossava sempre abiti da campagna, nutriva una passione particolare per l’uva, che gli piaceva regalare. E viveva con sua sorella Maria, un’anima pura, sensibile, in una condizione psichica molto delicata. Erano 4 fratelli: lui ha scelto di essere il suo unico tutore.
Con quel treruote, nei giorni di festa portava Maria a fare “un giro di ‘stramurale” per le strade del centro, e alcune domeniche d’estate, con anche il nipote Giuseppe, stretti sul sedile, andavano a Trani. A sentire “il profumo del mare”.
Luigi De Benedittis è stato costretto a lasciare gli studi molto presto, ma una certa curiosità e passione relativa al mondo dell’economia e della finanza hanno portato di frequente i suoi occhi su libri e riviste specializzate, che spesso andava a consultare nelle biblioteche di Corato (BA), la sua città.
Lo faceva in solitudine, con la massima discrezione, mosso dall’unico desiderio di acquisire conoscenza e cultura.
Dopo la Scuola Media si è arruolato nell’esercito ed è diventato Sergente Maggiore. In guerra è stato prigioniero, portato nel Prisoner War Camp di Hereford, in Texas (USA), dove ha imparato l’inglese e qualche rudimento di economia.
Al termine della guerra gli sono state conferite la Croce di Guerra e la Medaglia di Bronzo al Valore Militare.
Luigi appariva schivo, ligio ai suoi doveri, ma chi gli è stato vicino ha conosciuto un cuore aperto, affettuoso e generoso.
Avrebbe voluto diventare carabiniere, come suo zio, ma la sua statura non gliel’ha consentito.
Dopo la guerra, tornato dalla prigionia, ha meditato di migrare nel Nord Italia o negli USA, ma ha rinunciato, soprattutto per il bene di Maria.
Siamo tra gli anni ’40 e ’50, quando lei trascorreva le sue giornate nel sottano insieme a Luigi, una modesta abitazione di pochi metri quadrati ricavata sotto il piano strada, priva di finestre.
Di tanto in tanto Maria si affacciava alle porte delle case vicine per dire Buongiorno, per chiedere che ore fossero. Per salutare. Luigi non ha mai voluto cambiare casa, perché quel quartiere per sua sorella era l’unica casa possibile.
Anno dopo anno, grazie allo studio delle pagine finanziarie del Corriere della Sera, di Repubblica e de Il Sole 24 ore, seguendo le vicende di titoli e azioni sul mercato, ha imparato da solo come investire i suoi risparmi in borsa e il suo capitale nel tempo è cresciuto in modo significativo.
Le sue scelte sono state sempre così giuste e remunerative che gli stessi funzionari delle banche di cui era cliente, hanno imparato a nutrire in lui una grande fiducia, tanto da consultarlo per operazioni analoghe.
Nessuno sa se Luigi coltivasse un’intenzione, un progetto, un sogno. Certamente ne aveva, ma ciò che ha reso quest’uomo straordinario è averne avuti per gli altri, prima che per se stesso.
La sua è una storia di cura, di generosità, di gratuità. Di grande bellezza.
Intorno agli 80 anni Luigi ha iniziato a vivere da solo, perché Maria è stata ricoverata in una struttura dedicata alle persone con difficoltà psichiche.
Ha iniziato a frequentare un centro aperto per anziani sorto negli anni ’70 a Corato ad opera di Don Luca Masciavè, per consumare il pasto in compagnia, scambiare qualche parola. Alleviare il vuoto. Spesso portava i prodotti della sua terra.
In un giorno qualunque, intorno allo stesso tavolo, ha espresso a Don Gino Tarantini la ferma intenzione di realizzare una Fondazione, che avrebbe dovuto occuparsi delle giovani generazioni, erogando borse di studio per quei ragazzi che, con impegno e sacrificio, avrebbero saputo distinguersi nel loro percorso di studi. In particolare, avrebbe voluto incoraggiare tutti quei giovani che amavano lo studio, che avevano il desiderio di realizzarsi senza però averne le possibilità economiche.
Si sarebbe chiamata “Fondazione Luigi e Maria De Benedittis”.
Ha chiesto a Don Gino di diventarne il Presidente e l’esecutore testamentario e ha indicato persone precise che avrebbe voluto all’interno del consiglio direttivo: Angela Pisicchio, Riccardo Mazzilli, Luca Rutigliano e Corrado De Benedittis, attuale sindaco della città di Corato.
Oggi il Consiglio ha ancora lo stesso Presidente, ma i consiglieri sono in parte cambiati: Serena Petrone, figlia di Angela Pisicchio, Clementina Abbattista, Riccardo Mazzilli e Domenico Resta, tutti docenti ed ex docenti.
Dal 2010 la Fondazione è diventata una realtà, grazie anche ad una donazione aggiuntiva dei nipoti Giuseppe e Anna Maria. Il logo è stato ideato da Giuseppe: nell’ideogramma un quadrato, ispirato alla probabile origine del nome di Corato ma anche ai sentimenti di forza e stabilità propri della famiglia. Oltre alle iniziali di Luigi e Maria, nella F di Fondazione si innesta un tralcio di vite, in ricordo del suo lavoro in campagna. E al latere del riquadro, il suo fedele treruote Apecar Piaggio.
Dal 2011 la Fondazione ha istituito ogni anno, in prossimità del Natale, come voleva Luigi, la cerimonia di premiazione in cui vengono assegnate 4 borse di studio a studenti del biennio delle quattro Scuole Superiori di Corato, segnalati dai dirigenti scolastici in base a criteri di merito e reddito familiare.
Ad oggi sono state consegnate 40 borse di studio in 10 anni di attività della Fondazione. 40 giovani oggi muovono i propri passi nel mondo anche grazie alla generosità di Luigi, che ha scelto di mettere a disposizione i risparmi di una vita per fare felici occhi che non ha mai incontrato.
Ogni anno alla cerimonia viene assegnato un tema: l’ultima è stata intitolata “Arte e Dono”, officiata il 17 Dicembre 2022 presso il Liceo Artistico Federico II Stupor Mundi.
Ad allietare la cerimonia brani musicali suonati e cantati, stralci di prosa e poesia letti da generosi “Donatori di Voce”, in un inno alla cultura che si fa festa, scambio e stimolo.
In nome di questo scambio e stimolo, la Fondazione Vincenzo Casillo ha voluto portare alla luce la storia di Luigi, animata dallo stesso auspicio di promuovere i valori della cultura e dell’istruzione tra le giovani generazioni. E perché è una storia che restituisce valore al territorio.
Luigi si è spento il 12 Febbraio 2006, all’età di 86 anni. Appena 4 mesi dopo si è spenta anche Maria.
Nel testamento ha raccomandato che la parte restante dei suoi lasciti fosse destinata ai nipoti, residenti a Pisa, che in piena assonanza e condivisione con i desideri dello zio e con le forti radici con la città di Corato, hanno deciso di consolidare la Fondazione assegnandole un’importante quota del loro lascito. In più, hanno restaurato la casa di Luigi e Maria in via Matteo Renato Imbriani 35 istituendola come sede della Fondazione. Lì dove hanno lasciato i ricordi più belli delle estati trascorse con gli zii.
Dal 2014 quel sottano con le mura in pietra viva, che ancora conserva la scaletta con cui Maria saliva a dormire sul piccolo soppalco, ha ricominciato a vivere grazie a diverse attività culturali che hanno coinvolto soprattutto studenti della scuola primaria, diventando un emergente polo culturale cittadino.
Un’attenzione particolare è riservata alla promozione della lettura, grazie ad un protocollo di intesa con il Presidio del Libro di Corato, curato da Serena Petrone, che nella casa di Luigi e della sua Fondazione promuove incontri con autori, laboratori per bambini, reading, attività didattiche di vario genere e porta avanti la piccola biblioteca di comunità voluta dalla mamma Angela Pisicchio e a lei intitolata, tra i primi consiglieri della Fondazione.
Grazie a Luigi una bambina di 9 anni ha potuto costruire con il cartoncino la sua città fantastica, immaginare una via chiamata Stella di Natale in cui fermarsi a guardare gli altri giocare. Grazie a Luigi, una moltitudine di bambini ha avuto occasione di considerare che “sbagliando si inventa”. Che una storia piccola può fare grande la storia.
Un uomo schivo dentro un treruote con un giornale in mano ha saputo creare tutto questo. Ha avuto una visione, che ha coltivato con umiltà e lungimiranza. Ha unito persone di ogni generazione, madri con figlie, sacerdoti con giovani ragazzi, mariti con mogli, amici, in un unico intento: coltivare la meraviglia e reincantare il mondo.
Il suo passaggio sulla terra, che pure ha nutrito e curato con devozione, ha lasciato una traccia generativa che ancora oggi crea connessioni e alimenta il sogno. Che ci insegna come trovare il cuore di noi stessi.